Testimonianza sulla Marcia della pace Perugia-Assisi

Testimonianza in A. Capitini, In cammino per la pace. Documenti e testimonianze sulla Marcia Perugia-Assisi, Torino, Einaudi, 1962, pp. 55-56.

TESTIMONIANZA SULLA MARCIA DELLA PACE PERUGIA-ASSISI

La marcia della Pace Perugia-Assisi è stata per me anche la ripresa suggestiva e personalmente significativa di incontri, esigenze, ideali di anni lontani e giovanili: quando, intorno al 1936, all’inizio della guerra di Spagna e nel definitivo chiarimento, per i giovani della mia generazione, del carattere antipopolare del fascismo, proprio ad Assisi, proprio sul prato della Rocca, con Capitini ed Apponi discutevamo sulle prospettive di un lavoro antifascista e iniziavamo l’attività di un comitato aperto a tutte le tendenze liberali, democratiche, socialiste e di un primo collegamento fra noi intellettuali ed elementi popolari. La marcia della Pace mi sembrò in gran parte realizzare in forma grandiosa quelle nostre lontane aspirazioni: uomini e donne di diverso partito, di diversa fede, di diversa lingua e razza, ma concordi nell’antifascismo e nell’antifascista volontà di pace, intellettuali, scrittori, professionisti, impiegati, artigiani, operai, contadini, erano ora presenti e mescolati in una comune aspirazione, in una comune serietà e lealtà. Saliva da quella folla immensa una tale espressione di fermezza, di lucido entusiasmo, di calma possente, che gli stessi gruppi di uomini della polizia sembrarono a un certo punto partecipare alla stessa cerimonia, vivere gli stessi sentimenti dei manifestanti. Non vi era tensione ostile, la riunione non fu incrinata da un gesto o da un grido di rancore, si avvertiva concretamente la forza profonda di una persuasione e di una disposizione sinceramente fraterna e pur chiara nel suo profondo significato di rinnovamento, di rottura con la vecchia e insanguinata realtà.

Perciò dissi al corrispondente di Radio Mosca che mi intervistava, che quella manifestazione doveva essere da tutti, da tutte le parti, intesa e valutata come l’espressione di uno stato d’animo e di una persuasione capaci di svilupparsi al di là di ogni strumentalismo particolare, come una preziosa radice di un atteggiamento popolare profondamente rivoluzionario e, data la stessa spinta delle cose e della situazione atomica, in via di divenire da utopistico nettamente realistico. Per me, come socialista, la via dell’internazionalismo e dell’antimilitarismo era poi del tutto naturale, a parte il fatto che il mio vecchio amor leopardiano mi faceva sentire in quella riunione una voce della solidarietà degli uomini piú consapevoli e antimitologici per un mondo tutto umano e libero, non disposto a ripresentarsi, con le proprie mani, mostruosamente, il flagello della distruzione che il poeta vedeva nella malvagia ostilità della natura.

So bene che la realtà politica, economica, sociale, è complessa e complicata e perciò sono e resto uomo di un preciso partito politico, e penso che l’azione politica non possa essere interamente sostituita solo da una posizione, per quanto attivissima, di tipo piú morale e religioso. Ma insieme penso che siano cattivi politici quelli che non comprendono e non valutano o credono di utilizzare fuori della sua vera direzione, un movimento proprio della coscienza e della volontà popolare come fu quello che indubbiamente viveva nella folla radunata alla Rocca di Assisi.